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al testo di Amina Narimi
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La luce indugia nel petto dell’uccello, fonte di ogni canto. Ed è poesia, fra il tenue bagliore e la scintilla, nella ferita aperta la tua mano. Fin sopra agli occhi, e poi ancora, con rara bellezza, tanto amata, come in cerca di parole corre giù per una scala che porta verso l’alto i minerali, con le scie d’argento.
Ed ora, abituata nell’assenza di un movimento che comunque aspetto come uno sguardo lento e prolungato, in suo luogo tu hai divorato ogni sentiero; ma, dietro l’ultimo strato di terra, c’è dell’altro, che ferisce e medica la nostra piccola morte, sempre nascente- con le sue linee simili a chi sta per voltarsi oscurando l’orizzonte con un solo sfondo lontanissimo di pioggia- teso, tra le nostre anime e la carne.
Ricordi cuore mio? Per raggiungerti nella tua verità, potente materia, sento svanire le forme appena strette fra le mie mani, sino a rimanere con l’essenza pura della nostra unione di tutte le unioni, così trasparente che non distinguo più dall’aria i versi, le mie ossa dal tuo anello, il nostro viso, e, raccolta in te, ripeto : alla luce di domani… |
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